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12.03.2019.

Anche i serial killer piangono

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Nei romanzi il lettore è sempre in una situazione privilegiata rispetto ai personaggi delle storie narrate. Conosce quasi tutti i fatti; talvolta, prima che si verifichino, conosce persino i pensieri dei protagonisti, perlomeno quelli che l’autore vuole rivelargli.
Questa volta, se avrete la bontà di essere miei lettori, voglio portarvi nel cuore della scena, voglio che non ci siano barriere tra noi, nessun segreto: si gioca a carte scoperte.
Scrittore, lettori e personaggi saranno tutti sullo stesso palcoscenico, tutti sul luogo del crimine. Sì, perché è di un crimine che voglio parlarvi, ma procediamo con ordine.

L’orologio sulla torre del municipio segna le sette. Fino a due anni fa ci sarebbero stati sette rintocchi di campana a indicare l’ora, oggi però quell’orologio è desolatamente muto. Da quando un fulmine ha colpito la torre del municipio, la campana dell’orologio ha smesso di funzionare e Castleville, suo malgrado, ha imparato ad accogliere in silenzio il passare delle ore.
Gli amministratori locali hanno fatto ben poco per riparare la campana, e neppure i fondi stanziati dalla Contea sono bastati a riparare il danno procurato da una saetta sciagurata. Certo il sindaco Quimby avrebbe potuto impiegare diversamente quei trentamila dollari, ma avrebbe anche dovuto rinunciare alla Pontiac Firebird del ‘69 che ora custodisce gelosamente nel suo garage.
Ad ogni modo sono le sette, le sette e due minuti per essere precisi (ci siamo dilungati un po’ troppo sulle vicissitudini della torre del municipio). Sono le sette e due minuti anche sull’orologio digitale di Ralphy Carlington, il ragazzino che tutte le mattine consegna il giornale agli abitanti del paese. A quelli che hanno sottoscritto l’abbonamento al Daily Minstrel, s’intende.
Per lui il temporale di due anni fa è stato un evento tutt’altro che nefasto. È da quel giorno, infatti, che consegna i giornali ai suoi concittadini, dalla mitica edizione straordinaria della ‘tempesta del secolo’. Ralphy conosce tutti gli abitanti di Castleville e non ha mai sbagliato una consegna, se si escludono ovviamente le copie dei gemelli Raznovich.
I gemelli Raznovich abitano l’uno accanto all’altro sulla Green Forest Avenue, e Ralphy non ha mai capito chi dei due fosse Timothy e chi Richard. Poco male, in fondo, nella peggiore delle ipotesi, gli sarà capitato di consegnare all’uno la copia destinata all’altro e viceversa. Un errore veniale nella sua sfavillante carriera nel mondo delle consegne dei quotidiani.
L’ultima consegna è per il sindaco Quimby. Ralphy sa con quali soldi il primo cittadino di Castleville si è comprato la sua auto d’epoca e oggi, come personale vendetta per quel sordido furto, lancia l’ultima copia del Daily Minstrel tra i rovi della siepe di casa Quimby.
Alle otto e un quarto Ralphy ha concluso il suo giro e può andarsi a godere una meritata colazione al Crash Bar. Frittelle e torta di mele, la sua abitudine più piacevole.
Il Crash Bar è aperto da due ore ed è già affollato, ma per lui c’è sempre un posto riservato dietro il bancone, in fondo è o non è il figlio del proprietario?
Come tutte le mattine il vecchio Jack Niven è accasciato sul marciapiede, davanti all’ingresso del Crash Bar. Come tutte le mattine è impegnato a metabolizzare gli effetti dell’ultima sbornia e, come tutte le mattine, è pronto ad accogliere Ralphy con la solita battuta.

«Hey, ragazzo! Dov’è la mia copia del Daily Minstrel?!»
«Fottiti, Jack!» Anche il copione del ragazzino è lo stesso tutte le mattine.
Tra qualche minuto il signor Carlington verrà fuori dal suo locale con una fetta di torta e una tazza di caffè caldo per lo straccione. Il barista sa che il suo piccolo atto di carità è l’unico modo per liberarsi di quella fastidiosa presenza, almeno fino alla mattina successiva.
Ciò che il signor Carlington non sa è che il vecchio Jack Niven rinuncerebbe volentieri alla sua colazione pur di vendicarsi dell’insolenza di un ragazzino. La vendetta è un piatto prelibato, soprattutto per chi ha lo stomaco vuoto da troppo tempo.

Torniamo indietro e percorriamo a ritroso il tragitto della bicicletta di Ralphy. La nostra condizione ci consente di essere ovunque ci sia qualcosa di rilevante, e adesso è a casa di Timothy Raznovich che è necessario recarci.
«Quel pasticcione di Ralphy ha di nuovo scambiato la mia copia con quella di Richard.» Timothy raccoglie sorridendo il giornale. Due minuti dopo suo fratello farà la stessa cosa.
L’orologio sulla torre del municipio segna le nove. Ormai la notizia del giorno, quella stampata sulla prima pagina del Daily Minstrel, è sulla bocca di tutti. È l’argomento di tutti i discorsi, di tutte le telefonate e persino delle raccomandazioni che i genitori riservano ai figli prima che vadano a scuola.
Forse un po’ in ritardo, è giunto anche per noi il momento di dare un’occhiata alla prima pagina del quotidiano. Appropriamoci per un attimo della copia del sindaco Quimby, sarà l’ultimo a leggerla e per ora giace tra i rovi della sua siepe. In qualità di osservatori le spine non ci fanno paura, e neppure l’agghiacciante titolo sulla prima pagina del Daily Minstrel:

L’ASSASSINO DEI GEMELLI COLPISCE ANCORA
Un’altra coppia di gemelli uccisa per mano del misterioso serial killer che da tre mesi terrorizza la Contea. La polizia brancola nel buio.

Ecco, questi sono i fatti. Questa è la notizia del giorno, la notizia del secolo direi. Un maniaco criminale diffonde il terrore in questo tranquillo angolo dello Stato. Sono solo i gemelli ad attirare l’attenzione del ‘mostro disarmato’, come è stato ribattezzato dalla stampa locale il nostro assassino misterioso. Un appellativo conquistato sul campo, dopo una lunga serie di omicidi consumati senza mai far uso di armi. Il killer rapisce le sue vittime e poi le elimina, in modi sempre diversi, con estenuanti colluttazioni e a mani nude. Mai un colpo di pistola, mai l’uso di armi da taglio, solo le mani e un’incredibile furia omicida.
La polizia crede che abbia dei complici, ma noi, noi che conosciamo tutti i fatti e che giochiamo a carte scoperte, sappiamo che il ‘mostro disarmato’ lavora da solo.
Alle dieci tutti i cittadini di Castleville hanno la stessa espressione di terrore disegnata sul volto. Noi conosciamo almeno due persone che hanno un motivo in più per essere spaventate.

«Dannazione Richard!» esordisce atterrito Timothy Raznovich. «Quell’assassino è ancora in giro… Sai che vuol dire?! Sai cosa diavolo vuol dire per due gemelli come noi?!»
«Sta’ calmo» interviene Richard. «Non siamo due ragazzini! Sappiamo difenderci, e poi ci sono più poliziotti in giro che piccioni, quel folle non ha scampo…»
«… è questione di ore!» ribatte Timothy seccato. «È la stessa cosa che ripeti ogni giorno, ogni maledettissimo giorno… E intanto quel maniaco è a spasso, magari passeggia indisturbato su Main Street!»
Quanta fortuita lungimiranza nelle parole del ‘più giovane’ dei gemelli Raznovich. Se solo potesse accompagnarci nella passeggiata che stiamo per fare proprio su Main Street.

Un uomo cammina lungo la strada principale di Castleville. Ha l’andatura svelta ma nessuno lo nota. Tutti hanno un’andatura svelta in questo periodo. La persona che stiamo seguendo, questo è bene che lo sappiate, è l’uomo più temuto, e il più odiato anche, di tutta la Contea. L’uomo che abbiamo di fronte è, signori e signore, il ‘mostro disarmato’. Siamo nel cuore della scena, tutti sullo stesso palcoscenico, io, voi e il killer dei gemelli. Nessun colpo di scena, nessuna sorpresa, l’uomo dall’andatura svelta è l’assassino più ricercato dello Stato eppure, in questo momento, sta chiedendo informazioni allo sceriffo Solomon Candy. Buffa la vita vero?
Il ‘mostro disarmato’ vuole sapere dove si trova il municipio, avrà le sue buone ragioni, qualche pratica da sbrigare, affari da concludere in città prima di dedicarsi alla sua attività ufficiale di serial killer. Non crediate che fare il criminale vi liberi da questo genere di seccature burocratiche. La vita non è facile, neppure per un serial killer.
Quando l’orologio sulla torre del municipio segna le undici, il sindaco Quimby ha finalmente la sua copia del Daily Minstrel fra le mani. Liberarla dai rovi non è stato semplice, ma ora può commentare anche lui l’ultima impresa dell’assassino dei gemelli. Le elezioni comunali sono molto vicine e Raymond Quimby sa bene che, se riuscisse a mettere le mani sul serial killer prima dei Federali, avrebbe la rielezione assicurata. Animato da questi lodevoli intenti, il sindaco telefona allo sceriffo Candy per informarsi sullo stato delle indagini. Noi, ovviamente, possiamo ascoltare, con buona pace delle regole sul rispetto della privacy.

«Candy? Sono Quimby.»
«Signor sindaco, buongiorno. L’avrei chiamata in giornata…»
«Non mi piace aspettare Candy, anzi: io detesto aspettare.»
«Ha ragione ma deve capirmi, con quello che sta succedendo in città per via dell’assassino…»
«È proprio dell’assassino che volevo parlarle. Ha letto il giornale stamattina?»
«Tutta Castleville ha letto il giornale, sindaco Quimby.»
«Bene, allora faccia in modo che non ci siano altre prime pagine come quella di oggi!»
«Stiamo facendo il possibile…»
«Voglio di più, sceriffo! Voglio tutti gli agenti impegnati nella ricerca dell’assassino dei gemelli, tutti i suoi uomini devono mettersi a caccia di quel bastardo!»
«Ma signor sindaco, la Polizia di Stato e i Federali si occupano già del caso, e i miei uomini non sono addestrati ad affrontare una situazione tanto delicata…»
«Sono io a pagare i suoi uomini, e pago anche lei sceriffo, non lo dimentichi!»
«Non lo dimentico ma…»
«Nessun ma! Trovi quell’uomo, e nel frattempo si preoccupi di fornire la giusta protezione a tutti i gemelli che abitano a Castleville, non voglio omicidi nella mia città!»

Click.

Il sindaco non può ascoltare gli insulti che lo sceriffo gli rivolge dopo aver riattaccato la cornetta del telefono, e a noi non interessa soffermarci sulla lunga teoria di ingiurie che conclude quella conversazione. Ciò che abbiamo ascoltato ci basta e, sebbene comprendiamo cosa ispiri le azioni di Raymond Quimby, l’iniziativa di far proteggere i gemelli di Castleville ci sembra più che sensata.
Mentre gli agenti Roscoe e Fleischman si recano dai Raznovich, noi torniamo dal protagonista indiscusso di questa storia. Il serial killer è appena uscito da una porta di servizio sul retro del municipio. L’orologio sulla torre dell’edificio segna le quattordici e trenta.
È ora di pranzo e anche i serial killer mangiano, soprattutto dopo aver appena compiuto un lavoro difficile e faticoso. Lo seguiamo fin dentro il Crash Bar, dove il signor Carlington gli porge una porzione di stufato e una pinta di birra scura. Ralphy siede dietro il bancone, mangia un hamburger e legge l’ultimo numero del suo fumetto preferito. Per sua fortuna lui i giornali li consegna solamente e si concede a letture decisamente più leggere.

«Cosa leggi ragazzino?» gli domanda l’unico avventore del locale.
«L’ultimo numero de L’uomo d’acciaio, signore.»
«Lo stampano ancora?» continua ironico il serial killer.
«Sissignore!» replica scocciato il ragazzino. «Questo è il numero settecentoventicinque!»
«Io ho il numero uno, lo custodisco con cura da oltre quindici anni.»
«Wow! Il numero uno!» Ralphy adesso ha un’altra espressione, per poco il suo fumetto non gli scivola dalle mani.
«Ho anche la prima edizione a colori e tutti gli speciali.»
Quest’uomo ci sa fare con i bambini, potremmo dire che è addirittura amorevole con il piccolo Ralphy Carlington, un aspetto inconsueto per il carattere di un assassino.
Sono tanti i particolari insoliti del carattere di quest’uomo e noi abbiamo la possibilità di conoscerli tutti, tutti quelli che interessano questa storia ovviamente.
Il nostro status di osservatori ci consente di sbirciare tra i pensieri di quest’uomo, di conoscere le ragioni della sua follia e tutte quelle piccole cose segrete che farebbero la fortuna di un giornale scandalistico. O dello sceriffo Candy.
Sappiamo per esempio il nome dell’assassino, Adam Normal, e sappiamo anche alcuni particolari fondamentali del suo passato. Adam aveva un fratello gemello che morì pochi giorni dopo la nascita, una circostanza che potrebbe spiegare il movente dei suoi crimini efferati. Il serial killer, infatti, sembra essere rimasto connesso con la mente, metà della mente, di quel suo gemello sfortunato. Vive una realtà distorta, una realtà in cui ha maturato la folle decisione di una vendetta scellerata. Adam Normal vuole che tutti i gemelli della Contea vivano la sua stessa tragedia, vuole pareggiare i conti con un destino ingrato, rendere dispari ciò che è nato pari. Roba da manicomio criminale insomma e noi, anche se potremmo insinuarci fin dentro le stanze dell’Istituto Nazionale di Correzione Mentale, ci guarderemo bene dal frequentare quel posto malsano. I fatti, d’altronde, si svolgono da un’altra parte, e ora è della torre dell’orologio che dobbiamo occuparci. E dei gemelli Raznovich.
Vi chiederete cosa c’entri la torre del municipio con Timothy e Richard Raznovich: continuate a seguirmi, e saprò rispondere anche a questa domanda.

Adam Normal esce dal Crash Bar, non prima di aver salutato Ralphy, rimasto visibilmente affascinato dall’incontro con il più grande collezionista di fumetti che avesse mai incontrato. Sono le sedici, e per lui è ora di concludere quel lavoro difficile e faticoso che aveva lasciato in sospeso. Conosciamo la sua andatura e, a giudicare dalla direzione in cui si sta incamminando, non ci è difficile ipotizzare che Adam raggiungerà il municipio tra mezz’ora.
In quello stesso istante, mentre l’assassino è di nuovo in strada, gli agenti Roscoe e Fleischman comunicano allo sceriffo di non essere riusciti a rintracciare i gemelli Raznovich. Tim e Richard sembrano scomparsi nel nulla, nessuno ha più notizie di loro da quando, insieme, si sono recati al municipio per pagare le tasse sullo smaltimento dei rifiuti. La moglie di Timothy è sicura che fossero le undici e un quarto quando suo marito è uscito di casa. Era spaventato per la storia dell’assassino dei gemelli, ma le tasse andavano pagate comunque. Il sindaco Quimby è stato informato del fatto direttamente dalla moglie di Timothy Raznovich, che abita nella casa accanto alla sua. Nonostante sia ancora impegnato a rassicurare la signora, Quimby ha un terribile presentimento sulla sorte dei due gemelli, un presentimento che si guarda bene dal rivelare, ma che gli renderà la giornata insopportabile. In questi momenti la rielezione deve apparirgli davvero improbabile.
L’orologio sulla torre del municipio segna le sedici e trenta. Adam Normal ha raggiunto la sua destinazione e noi abbiamo tutta l’intenzione di rimanere con lui. Ormai è chiaro, e se non lo fosse ve lo dimostrerò chiaramente nelle prossime righe, che il misterioso ‘mostro disarmato’ è responsabile della sparizione dei gemelli Raznovich. Diamo un’altra occhiata alla torre del municipio, ma questa volta non per leggere l’ora sull’imponente quadrante dell’orologio. Vi ho già detto del fulmine che ha reso muta la campana dell’orologio, ma non vi ho ancora descritto la struttura della torre. È tempo di colmare questa lacuna.
All’interno dell’orologio, nell’angusta sala macchine sulla sommità della torre, ci sono due uomini accasciati in un angolo, hanno i polsi legati e assomigliano a qualcuno che abbiamo già visto. A due gemelli per essere precisi. Sembra che dormano, probabilmente sono sotto l’effetto di un potente sonnifero o di chissà quale altro intruglio chimico. L’ambiente è parzialmente illuminato dalla luce che filtra attraverso i vetri del quadrante dell’orologio. Visto da qui segna le nove e venti, ma lo stiamo osservando al contrario, dunque sono le sedici e quaranta.
Per accedere alla sala macchine abbiamo attraversato una piccola porta metallica, è chiusa con un lucchetto ma ormai dovreste conoscere la nostra singolare ‘abilità’ nel superare simili ostacoli. Ancora una volta, e fino alla fine, giochiamo a carte scoperte.
Attraverso la stessa porta metallica vediamo entrare il protagonista della nostra storia.

Adesso il quadro è completo, ci siamo tutti: scrittore, lettori e personaggi, tutti sullo stesso palcoscenico, tutti sul luogo del crimine.

Adam scivola rapidamente verso i gemelli Raznovich con l’intento di svegliarli. Qualcosa luccica nella sua mano destra, ci piacerebbe scoprire di cosa si tratta ma in questo momento siamo troppo impegnati a contare i calci che sta sferrando sulle schiene dei due prigionieri.
«Svegliatevi!» urla, mentre continua a calciare. «È ora di fare quattro chiacchiere!»
Timothy è il primo ad aprire gli occhi e il primo a implorare pietà.
«La… la prego signore… non ci faccia del male, la scongiuro!»
Adam ha smesso di sferrare calci, e ora possiamo occuparci dell’oggetto che stringe in una mano. È una pistola, una Colt Python. Un oggetto piuttosto insolito per il fantomatico “mostro disarmato.”
«Ascoltatemi attentamente», continua. «Domani mattina ucciderò uno di voi.»
«La prego no…» L’esternazione di Timothy è soffocata da un altro calcio, questa volta assestato alla base dello stomaco. Ora siamo sicuri che Timothy se ne starà buono e in silenzio.
«Ucciderò uno di voi e l’altro sarà libero di andarsene… libero di vivere. Non ho preconcetti e non vi conosco, quindi sarete voi a decidere chi dovrà sacrificarsi per la salvezza dell’altro.»
«Lei è pazzo, un pazzo furios…» Un altro calcio, e anche Richard perde la voglia di parlare.
«Uno muore l’altro si salva, una sola regola, non è difficile!»
Adam solleva il cane della Colt Python e avvicina la canna della pistola alla tempia di Richard.
«Sarò qui all’alba, avete tanto tempo per riflettere, tanto tempo per decidere. Badate bene però, se non rispetterete le regole del gioco morirete entrambi.»
Con quest’ultima minaccia Adam, dopo aver prelevato qualcosa da un piccolo baule, si congeda finalmente dai gemelli Raznovich. Timothy e Richard, impauriti e doloranti, si lasciano andare a un pianto disperato. Ne avranno ancora per un po’ prima di cominciare a discutere dell’insana proposta del killer. Noi, nel frattempo, andiamo a vedere come se la passa lo sceriffo Candy.
 
A bordo dell’auto di servizio, lo sceriffo sta pattugliando le strade di Castleville. Tutti i suoi uomini sono impegnati nella ricerca dei gemelli, nonostante siano trascorse solo sei ore dalla loro scomparsa. Occorrono ventiquattr’ore per ufficializzare l’inizio delle indagini in un caso di rapimento ma, a Castleville, nessuno ha bisogno di tanto tempo per intuire cosa sia successo a Timothy e Richard Raznovich.
Mentre la polizia continua le ricerche, Adam Normal si aggira con circospezione per un vicolo buio della periferia di Castleville. Vuole nascondere la sua Colt Python prima di fare un’altra visita a Ralphy Carlington. Il nostro serial killer deve avere una spiccata simpatia per quel ragazzino. Forse sta già pensando a un’evoluzione della sua carriera di assassino seriale oppure, perché no, sta scoprendo un innato desiderio di paternità. Lasciamo Adam alle prese con le sue tenere aspirazioni e torniamo dallo sceriffo Candy. Ci siamo appena occupati di lui, ma adesso potrebbe essere vicino a una svolta cruciale delle indagini, e noi non possiamo correre il rischio di essere impegnati altrove mentre lo sceriffo di Castleville risolve il caso del secolo! Solomon Candy è a pochi passi dal luogo del crimine.
Ha parcheggiato l’auto alle spalle del municipio e in questo momento sta fissando la sommità della torre. Con lui c’è l’agente Fleischman.
Se solo sapessero quello che sappiamo noi! Se solo sapessero quanto siano vicini alla soluzione del caso! Noi conosciamo l’identità dell’assassino, sappiamo anche dove si trovano le sue ultime vittime ma qui, ora, siamo solo degli osservatori, spettatori inermi, pur se dotati di qualche piccolo ‘trucchetto’. Uno di questi ‘trucchetti’ ci consente di leggere i pensieri dello sceriffo Candy, di percepire la sua paura di perdere il posto, una paura addirittura più forte di quella di veder morire due membri della comunità che ha giurato di proteggere. Potremmo intrufolarci anche nella mente dell’agente Fleischman ma, a meno di non essere interessati alla finale del campionato nazionale di baseball, dubito che riusciremmo a trarre qualcosa di interessante dalla sua testa.
Lo sceriffo rivolge un’occhiata dubbiosa al poliziotto e scrolla le spalle. Evidentemente abbiamo sopravvalutato le sue capacità: è solo un poliziotto che brancola nel buio, come sottolinea la prima pagina del Daily Minstrel.

L’orologio sulla torre del municipio segna le venti. Candy alza nuovamente lo sguardo e lo fissa.
«Sono le otto e non abbiamo visto niente d’importante» commenta deluso. La sua voce tradisce tutta la delusione di un poliziotto ancora lontano dalla conclusione di un caso delicato. E pensare che è così vicino, ha persino osservato il punto esatto in cui i gemelli sono prigionieri.
«Questo posto è pulito, andiamo via!» Sì, da bravo, va’ via! La tua presenza qui non sarà di alcun aiuto per le indagini.
Anche noi seguiamo il consiglio dello sceriffo, anche noi andiamo via. Occorre che ci rechiamo in un altro posto, dobbiamo tornare dai gemelli Raznovich.
«Che facciamo?! Che diavolo facciamo adesso?!» Domanda Timothy preoccupato.
«Lasciami pensare. Deve pur esserci una via d’uscita…»
«In un sacco e con una pallottola in fronte, questa è l’unica via d’uscita! Siamo nella torre dell’orologio, la porta è troppo solida per sperare di buttarla giù, e anche se urlassimo a squarciagola nessuno potrebbe sentirci!»
«Piantala Tim! Il tuo nervosismo non serve a nulla ora.»
«E cosa?! Cosa serve ora?! Cos’è che serve a tirarci fuori da questa situazione?!»
«Cerca di calmarti, lasciami riflettere…»
«Calmarmi?! Se ancora non l’hai capito, il bastardo che ci ha portati qui è un assassino, Richard, un fottutissimo assassino armato!»

Già, Adam Normal è armato, o meglio lo era fino a quando non ha nascosto la sua Colt Python sotto un tombino, in un vicolo buio della periferia di Castleville. A questo punto non possiamo non chiederci cosa possa farci il famoso ‘mostro disarmato’ di una pistola. Che fine ha fatto la sua proverbiale passione per gli omicidi a mani nude? Forse quell’arma gli serve per intimorire le vittime che cattura, per imporre le assurde regole del suo gioco o forse, e qui è l’autore a parlarvi, quella Colt Python è l’arma che ha intenzione di usare per sbarazzarsi di uno dei gemelli Raznovich, l’arma che avrebbe voluto usare anche negli altri delitti. Lasciamo in sospeso questo dubbio, e torniamo da una nostra vecchia conoscenza. Vi ricordate di Jack Niven, vero? Il barbone che abbiamo conosciuto davanti al Crash Bar. Adesso gironzola in un vicolo alla periferia di Castleville, un vicolo che abbiamo già visto. È quasi mezzanotte e per lui è ora di trovare un posto per passare la notte e un paio di cartoni per coprirsi, cartoni robusti, come quello che scorgiamo in fondo alla stradina, poggiato su un tombino arrugginito. Ho la netta sensazione che Jack stia per trovare qualcosa che renderà più sopportabile la prospettiva dell’ennesima notte all’addiaccio.
Una manciata di minuti dopo, mentre Jack si addormenta con una sorpresa stretta tra le mani, qualcun altro si accinge a consumare una sostanziosa cena al Crash Bar. Adam Normal, assassino a cui non manca l’appetito, addenta il suo hamburger seduto in mezzo a una dozzina di poliziotti. Una situazione davvero bizzarra per chi, come noi, conosce tutti i risvolti di questa oscura faccenda di serial killer, gemelli e fumetti da collezione.

«Mi scusi…» Adam si rivolge al signor Carlington, trascurando per un attimo gli ultimi bocconi della sua cena.
«Mi dica.»
«Suo figlio è qui?»
«No, è a letto. A quest’ora Ralphy è a letto che dorme… Ma lei chi è?»
«Un amico…» Adam sorride e tira fuori qualcosa dalla tasca interna del suo impermeabile grigio. «Sono solo un amico e volevo lasciargli questo… Lo consideri un regalo.»
«L’uomo d’acciaio… Il numero uno! Questo è un signor regalo!» Abbiamo appena scoperto cosa conteneva il piccolo baule nella sala macchine dell’orologio. «Mio figlio impazzirà dalla gioia!»
«Sono fin troppo grande per questo genere di cose» continua Adam «e sono sicuro che Ralphy apprezzerà più di me quel vecchio fumetto.»
«Può dirlo forte amico!» replica il signor Carlington. «Mi permetta di offrirle la cena, è il minimo che posso fare per sdebitarmi.»
«La ringrazio… Mi piace far felici i ragazzini.»

Questo serial killer è proprio una persona amorevole, il classico brav’uomo che ci piacerebbe avere come vicino di casa. A questo punto però, prima di ritrovarci invischiati tra i convenevoli smielati di un barista e di un assassino gentile, abbandoniamo la scenetta idilliaca che sta svolgendosi nel Crash Bar, e andiamo a vedere come se la passano i gemelli Raznovich.

«Tu sei più grande» esordisce angosciato Timothy. «Hai vissuto di più e dovresti lasciare a me la possibilità di continuare a vivere.»
«Sono più grande di soli cinque minuti» gli risponde Richard. «Non abbastanza per giustificare una scelta così importante!»
A giudicare dal tono del dialogo, i due sembrano avere accettato il gioco del loro aguzzino. Uno muore l’altro si salva, una sola regola, non è difficile.
«Io ho un figlio, tu no!» ricomincia Richard.
«Anch’io vorrei avere un figlio. Perché vuoi negarmi una gioia che tu già conosci?»
«Perché privare mio figlio del padre che già conosce?!»
«Oh, al diavolo! Non riusciremo mai a prendere una decisione!»
«Ascolta» riprende Richard con un tono appena più pacato, «i ragionamenti e la logica non funzionano in questa situazione. Perché non ci affidiamo al caso?»
«Che vuoi dire?»
«Non so… il lancio di una monetina per esempio. Testa mi salvo io, croce ti salvi tu…»
«Non mi piace, non mi piace affatto! Non voglio affidare la mia vita al caso e poi…»
«E poi cosa?»
«E poi tu sei sempre stato fastidiosamente fortunato!»
«Che significa? Perché fastidiosamente?»
«Ma dai! Non dirmi che non hai mai notato gli sguardi degli amici?»
«No, davvero! Cosa avrei dovuto notare?»
«La gelosia, Richard, la gelosia!»
«I miei amici sono gelosi di me?!»
«Non solo i tuoi amici… Persino tua moglie odia la tua fortuna sfacciata.»
«Questa è bella, bella davvero! Vorrei che potessero vedermi adesso, in questo buco, a giocarmi la vita con una monetina…»
«Nessuna monetina! T’ho già detto che non voglio nessuna monetina!»
«… e poi mia moglie?!» Continua Richard, evidentemente seccato dalla confessione del fratello. «Come fai a sapere che lei non sopporta la mia buona sorte?!»
«È stata Sara.» Sara è la moglie di Timothy. «Sai bene che è una buona amica di Jennifer.» E Jennifer è la moglie di Richard.
«Tutto ciò è ridicolo» sbotta Richard. «Drammatico e ridicolo!»
Per un paio di minuti i due tacciono. Se non fosse per il ticchettio metallico degli ingranaggi del grande orologio, saremmo di fronte alla più realistica rappresentazione della parola ‘silenzio’. Sono le due quando Timothy ricomincia a parlare.
«Sembri perplesso.» Anche a noi Richard sembra perplesso. «A che pensi?»
«A niente… È solo che la tua rivelazione mi ha fatto ricordare una cosa, una cosa che forse avrei dovuto dirti prima.»
«A quanto pare la paura di morire stimola le confidenze», si lamenta Timothy. «Ti dispiace rivelarmi quest’ultimo segreto prima che uno di noi si becchi una pallottola in testa?!»
«È passato tanto tempo…» riprende Richard. «Ricordi l’ultimo capodanno?»
«Come faccio a dimenticarlo?! Ero bloccato in un letto d’ospedale, con una gamba fratturata e tre costole rotte!»
«Ricordi anche come sei finito in ospedale?»
«Che domanda, certo che lo ricordo! Il sindaco Quimby mi ha investito con la sua Pontiac. Sono sopravvissuto per miracolo a quell’incidente…»
«Non è stato un incidente…»
«Che stai dicendo?», borbotta Timothy. «Stavo venendo a casa tua per la cena, Sara camminava al mio fianco, e Quimby è sbucato all’improvviso dal vicolo, a luci spente… non deve avermi visto e mi ha messo sotto.»
«Ti aveva visto, Tim» confessa severo Richard. «Quell’uomo ti aveva visto, ti aveva visto bene.»
«Richard, stai forse insinuando che il sindaco Quimby voleva uccidermi?!»
«Sì, Timothy. Quimby voleva farti fuori per…»
«Per cosa Richard?! Per quale motivo il sindaco di Castleville voleva ammazzarmi?!»
«Per Sara…»
«Sara? Cosa c’entra Sara in tutto questo?»
«Quimby e Sara sono amanti.»
«Non scherzare Richard, non in questo momento.»
«Non sto scherzando Tim, è tutto vero. Vorrei che i tuoi occhi avessero visto ciò che hanno visto i miei quella notte.»
«Cos’hai visto… Cos’hanno visto i tuoi occhi?»
«Ho visto Sara, e ho visto il sindaco. Erano insieme e si baciavano… si baciavano mentre tu eri in ospedale.»
«Balle! Mia moglie quella notte rimase a vegliarmi in ospedale!»
«Quella notte dormisti profondamente. I medici ti tennero sotto sedativi per non farti soffrire.»
«Non è vero… non… io non ricordo…»
«Io sì, io ricordo bene. Ero nel parcheggio dell’ospedale e… e li ho visti, insieme, nella stessa macchina che ti aveva quasi ammazzato!»
«E tu?! Tu sapevi che Sara mi tradiva e non hai detto niente?!»
«Cosa avrei dovuto dirti, Tim?! Che il primo cittadino di Castleville era l’amante segreto di tua moglie?! Avrei dovuto rovinare per sempre il tuo matrimonio e mettere a repentaglio il mio lavoro alle poste per un banale tradimento?!»
«Sì, Richard. Sì! Per un banale tradimento e per un tentato omicidio!»
Timothy e Richard ora sono in piedi, l’uno contro l’altro, le mani legate sono protese in avanti nella posa plastica di chi si prepara a uno scontro fisico.
Lezione numero due: dopo un’esplicativa rappresentazione del ‘silenzio’, è ora di conoscere il significato della parola ‘tensione’. Non tarderemo a informarci anche sui concetti di odio e di rabbia. I gemelli Raznovich sono degli ottimi insegnanti ma noi, per ora, sospendiamo la lezione e ci concediamo una pausa lungo le strade di Castleville.

Siamo di nuovo nel vicolo in periferia. Davanti a noi vediamo un uomo chino sull’asfalto umido. A giudicare dall’impermeabile grigio che indossa direi che si tratta di un serial killer di nostra conoscenza. Sta armeggiando freneticamente con un tombino. Noi sappiamo cosa cerca.
«Diamine!» sbotta nervoso. «Eppure era qui! Giurerei di averla nascosta qui!»
La Colt Python non è più al suo posto, ora è nelle mani di un barbone. Adam non sa che Jack Niven ha trovato la sua pistola, così come non sa quale sia il contenuto dei sogni dello straccione che, in questo momento, sta dormendo su una panchina. Neanche a noi è concesso di sbirciare nei sogni dei personaggi di questa storia. Tuttavia, per nostra fortuna, Jack Niven è solito parlare nel sonno. Che ne dite di fare un salto da lui per ascoltare i suoi sproloqui notturni?
Lo raggiungiamo quando sono quasi le tre. Jack dorme sotto un ammasso di cartoni. In una tasca della sua logora giacca di jeans, intuiamo la presenza di un revolver.

«Dov’è il mio giornale?!» Che vi dicevo? Il buon Jack Niven è un libro aperto quando dorme. «Dov’è la mia copia del Daily Minstrel?!» Poi balbetta qualcosa di incomprensibile, e comincia a russare profondamente. «Stupido ragazzino…», ecco che riprende a parlare. «Stupido Ralphy Carlington! Ho un bel pensierino per te… un regalino che ti farà passare la voglia di fare lo sbruffone con il povero Jacky! Domattina… domattina vedrai… la mia copia del Minstrel…»

Ho l’impressione che il piccolo Ralphy Carlington non riuscirà a godersi il mitico numero uno del suo fumetto preferito. Jack non mancherà al suo appuntamento con la vendetta, ha aspettato troppo a lungo di godersi quel piatto prelibato. È un tipo puntuale lui, beone ma puntuale. E poi quella Colt Python trovata per caso in un tombino, deve essergli sembrata un segno divino, la bacchetta magica per una rivalsa su un ragazzino impertinente.
Se avesse ascoltato con noi le confessioni oniriche di Jack, Adam Normal proverebbe un forte dispiacere, se non altro per il timore di avere sprecato inutilmente un regalo prezioso, un regalo che aveva custodito con cura per oltre quindici anni. Per il momento, essendo troppo lontano per apprezzare le rivelazioni di un barbone, il dispiacere di Adam è dovuto unicamente al timore di aver perso il suo revolver nuovo. Ha un impegno preciso per l’indomani, un impegno per il quale la sua pistola è indispensabile. Senza quell’arma sarà costretto ad arrangiarsi, e ogni serial killer che si rispetti detesta doversi arrangiare.
È l’alba quando Adam Normal torna nel suo rifugio segreto. Tra le mani stringe un lungo coltello da macellaio. Non è una Colt Python, ma è convinto di poter compiere il suo sporco lavoro anche con quello. Timothy e Richard sono per terra, sembra che dormano, come la prima volta che li abbiamo visti in questo posto. Adam si accosta alla schiena di Timothy e la colpisce con un calcio ben assestato. Anche questa non è una scena nuova per noi.

«Sveglia! È ora!»
Nessuna risposta. Seguono altri due calci, il più forte raggiunge la nuca di Richard. Nulla, neppure un gemito. I gemelli Raznovich devono avere un sonno molto profondo, oppure…
Adam accosta una mano al collo di Timothy e impallidisce. Ha lasciato cadere il coltello per terra, per oggi non ne avrà bisogno.
Ci siamo: l’assassino, lo scrittore e i lettori stanno arrivando alla stessa conclusione, nello stesso momento. Non lo trovate quantomeno coinvolgente?

I gemelli Raznovich si sono uccisi a vicenda.

L’espressione del serial killer mostra tutta la delusione per un lavoro imperfetto, ma c’è dell’altro. C’è qualcosa di ancora più angoscioso nel suo sguardo, qualcosa che nutre la sua frustrazione e che probabilmente riguarda tutta la sua carriera di assassino seriale.
«Merda!» esordisce urlando. «È sempre la stessa storia! Succede sempre così!»
Questa sì che è una rivelazione! Una notizia da prima pagina: Adam Normal non ha ancora ucciso nessuno, non con le sue mani perlomeno. L’assassino disarmato è la creazione di un caso fortuito, la maschera pubblica di un criminale frustrato che non riesce a compiere un omicidio perché le sue vittime si uccidono da sole, con le loro stesse mani. Nessuno dei gemelli catturati ha resistito alla tensione del macabro gioco di Adam, nessuno ha rispettato le regole. La rabbia e il rancore hanno fatto il resto.
«Forse…», sussurra Adam inginocchiandosi ai piedi dei gemelli Raznovich, «forse dovrei decidermi a cambiare le regole del gioco… Forse…»
Sono lacrime quelle che scorgiamo sul volto di Adam? Sono lacrime, vero?!
Una situazione imbarazzante per un assassino professionista, una caduta di stile, forse un segno di debolezza oppure l’indizio di un’umanità latente.
Chi l’avrebbe mai detto: anche i serial killer piangono.
Non pensiate, però, che questo basti a redimere un assassino, tutt’altro. Il nostro Adam Normal ha una missione da compiere, e non ha nessuna intenzione di darsi per vinto.
Con questa certezza ci congediamo da Adam e ci apprestiamo a lasciare anche Castleville. La nostra piccola avventura volge rapidamente al termine. L’orologio sulla torre del municipio segna le sette e per noi, dopo ventiquattro ore trascorse insieme, è davvero il momento di andare. Il vecchio Jack Niven ha già preso posto sul marciapiede, davanti all’ingresso del Crash Bar. Sorride e appare insolitamente lucido.
La giornata che sta per cominciare riserverà tristi sorprese agli abitanti di questa ridente cittadina di provincia ma per ora, sotto la luce di un sole pallido, Castleville ci sembra un piccolo angolo di paradiso. È questo che pensa Adam Normal mentre abbandona la città, procedendo a piedi lungo Main Street. È diretto in un paese vicino, non ne ricorda neppure il nome, ma in tasca ha l’indirizzo delle gemelle Bonner, e questo gli basta per iniziare la giornata con un ritrovato ottimismo.

Noi ci salutiamo qui, nella piazza principale di Castleville, sotto la torre del municipio. Fino a due anni fa ci sarebbero stati sette rintocchi di campana a indicare l’ora. Oggi no, oggi siamo costretti a partire in silenzio, e tutto per colpa di un fulmine.

Pubblicato in: “Benvenuti a Castleville”, Liberodiscrivere (Genova), 2007.

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